Onorevoli Colleghi!

1. Da quando si pone il problema in Italia e perché.

      L'esigenza di disciplinare anche in Italia il conflitto di interessi nasce nella XII legislatura (1994-1996), con proposte presentate dal Governo Berlusconi (A.S. 1082) e dai senatori Pasquino (A.S. 278), Passigli (A.S. 758), Tabladini (A.S. 1330).
      Non si tratta di una coincidenza casuale.
      Le elezioni politiche del 1994 sono le prime che si tengono dopo il crollo della cosiddetta Prima Repubblica. Sino a quel momento il personale politico accedeva alle più alte cariche dello Stato attraverso una selezione operata dai partiti, che privilegiavano coloro che si erano dedicati professionalmente alla politica.
      Ma nel 1994 vince le elezioni politiche e va a Palazzo Chigi una personalità che proviene dal mondo dell'impresa e non dal mondo dei partiti. Non era mai accaduto sino a quel momento che accedesse al vertice dell'Esecutivo un titolare di grandi aziende e di importanti imprese commerciali.
      Questo avvenimento va depurato dai suoi aspetti polemici e ricondotto al suo significato politico costituzionale.
      La crisi politica che ha colpito il nostro Paese nei primi anni Novanta, determinata dal crollo dei principali partiti di Governo, dalla trasformazione di altri, dalla nascita di nuove forze politiche, coincide con la fine dello Stato dei partiti e con la fine della netta separazione tra società politica e società civile, in particolare tra società politica e quella parte di società civile che opera nel mercato.
      Il mancato chiarimento dei caratteri di questa fase è all'origine di molti equivoci sulle finalità di una legge relativa al conflitto di interessi.
      Non è stato l'avvento al potere di uno specifico uomo d'impresa che ha posto la questione del conflitto di interessi. La questione si è posta per ciò che quell'avvento comportava nel sistema politico italiano.
      È significativo che successivamente, in altre responsabilità di governo, a livello nazionale, regionale e locale, il fenomeno si sia ripetuto con una certa frequenza.
      Ha così avuto fine il monopolio dei partiti sulle cariche pubbliche; personalità forti del mondo dell'impresa sono entrate nell'agone politico con proprie formazioni politiche o all'interno di formazioni politiche del tutto nuove. Conseguentemente si sono posti alla nostra democrazia problemi inediti.
      Tra questi problemi c'era e c'è quello del rapporto tra gli interessi privati di cui l'outsider sia titolare e gli interessi pubblici che deve tutelare nella sua attività di governo.
      È un difficile equilibrio tra il favore per l'accesso di nuovi soggetti alle più elevate responsabilità politiche e la necessità di prevenire processi di privatizzazione della politica che ledono il principio democratico classico come contrapposto al principio patrimonialista.
      Nel dibattito pubblico si confrontano due diverse culture politiche: quella che tende a privilegiare il ruolo dei partiti tradizionali nella vita pubblica e quella, invece, che tende a considerare come vera garanzia democratica il primato nella politica di quella parte della società che è estranea ai partiti. Corollario di questo

 

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scontro è la diatriba sul professionismo politico. Posto che il dilettantismo al governo non è augurabile a nessun Paese, l'esperienza ci dice che un buon livello di professionalità può essere acquisito anche da chi non viene dalle fila dei partiti.
      Tuttavia è innegabile il ruolo che nella nostra Repubblica e nella esperienza europea hanno avuto ed hanno i partiti politici come luogo di formazione e selezione della classe politica dirigente e di garanzia della continuità tra le generazioni.
      D'altra parte nella nostra recente esperienza anche quelle formazioni che sono nate in opposizione al tradizionale modello di partito politico hanno poi scelto di uniformarsi proprio a quel modello. Questo sembra il segno che persino i più acerrimi avversari del modello partito non hanno trovato nulla di meglio per organizzare la partecipazione alla vita politica.
      Nel suo lavoro la Commissione si è sforzata di individuare un punto di equilibrio lontano tanto da un clima inaccettabile di caccia alle streghe, che a volte questi problemi possono scatenare, quanto da una forma di cinico disinteresse che nasconde talora l'intento di consentire un uso privato e distorto dei pubblici poteri.
      Una buona normativa sul conflitto di interessi non deve avere lo scopo di dissuadere chi proviene da un'esperienza di mercato dalla partecipazione attiva alla vita politica, che è un fatto positivo perché allarga la platea di coloro che partecipano alle cariche politiche. Ma anche questa partecipazione deve essere ispirata ai criteri costituzionali della imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione.
      D'altra parte una democrazia che pone regole per una migliore trasparenza e affidabilità dei propri governanti per ciò stesso si apre ad una maggiore partecipazione della società civile alle responsabilità di governo del Paese.
      Uno degli studiosi americani che ha più approfondito la materia ha scritto che «il regime ideale di conflitto di interessi consiste nel meno oneroso complesso di restrizioni che sia compatibile con la promozione di un contesto istituzionale eticamente efficace.» (E.J. Murdoch, Symposium Ethics in Government, «George Washington Law Review», 1990, p. 514)
      La democrazia classica, con riferimento alla netta distinzione tra società politica e società civile si era preoccupata di evitare il cumulo dei poteri nella società politica e di qui è derivato il principio della separazione dei poteri pubblici come fondamento della democrazia.
      Nel momento in cui quella distinzione viene meno, ed esponenti della società civile entrano a far parte della società politica, il principio classico della separazione dei poteri va integrato in relazione alla presenza, sulla scena politica, di nuovi poteri, di carattere privato, finanziario, mediatico, economico, imprenditoriale.
      Questa nuova separazione è il nucleo della soluzione del problema del conflitto di interessi.

2. I valori costituzionali in giuoco.

      La cultura politica dei costituenti si preoccupò di disegnare una fitta trama di doveri pubblici, tale da comportare una netta separazione tra funzioni pubbliche e interessi privati.
      In base all'articolo 51 della Costituzione tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.
      Nel corso dell'indagine conoscitiva svolta davanti alla Commissione nella scorsa legislatura più di uno degli specialisti ascoltati tenne a precisare, correttamente, che il principio di eguaglianza vale sia verso il basso, per chi fosse sprovvisto di mezzi economici, sia verso l'alto, per chi ne fosse provvisto in misura sovrabbondante. Come sarebbe illegittimo impedire la partecipazione ad una competizione elettorale a chi è povero, per questa ragione, allo stesso modo, sarebbe illegittimo escludere chi sia particolarmente o esageratamente ricco.
      In ogni caso è possibile prevedere casi di ineleggibilità o di incompatibilità con

 

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l'ufficio di deputato o di senatore, come dispone l'articolo 65 della Costituzione.
      Le cause di ineleggibilità o riguardano persone ritenute non degne, come i condannati per delitti gravi, oppure perseguono lo scopo di evitare una indebita influenza sulla libera manifestazione di volontà dell'elettore, oppure ancora presumono una capacità di influenza sull'elettorato che altera quelle condizioni di eguaglianza di cui parla l'articolo 51.
      Le cause di incompatibilità sono invece specificamente volte ad impedire che l'esercizio delle funzioni parlamentari sia viziato dalla titolarità di altro incarico che si ritiene confliggente con alcune funzioni pubbliche specificamente indicate.
      Mentre l'ineleggibilità è una causa impeditiva dell'assunzione della carica, nel caso della incompatibilità l'eletto deve scegliere se conservare l'incarico parlamentare o optare per l'altro incarico.
      Si tratta di evitare la figura di parlamentari «double face», titolari di interessi che potrebbero prevalere su quelli istituzionali. L'incompatibilità, in definitiva è una misura che tende a prevenire i conflitti di interesse; è una misura preventiva e non sanzionatoria e dimostra l'attenzione dell'ordinamento costituzionale per la credibilità e l'affidabilità delle funzioni politiche.
      Quanto alla scelta tra ineleggibilità ed incompatibilità, l'orientamento del nostro sistema costituzionale è chiaro. In una sua celebre pronuncia (la n. 46 del 1969) la Corte costituzionale ebbe ad evidenziare che «per l'articolo 51 della Costituzione, l'eleggibilità è la regola, l'ineleggibilità l'eccezione», sottolineando come le cause di ineleggibilità, derogando al principio costituzionale della generalità del diritto elettorale passivo, debbano essere strettamente interpretate e non eccedere i limiti di quanto sia ragionevolmente indispensabile per garantire la soddisfazione delle esigenze di pubblico interesse cui sono preordinate.
      Successivamente la stessa Corte ha più volte ribadito l'esistenza di un favor costituzionale per l'eleggibilità, evidenziando come anche il legislatore si sia nel tempo ispirato a tale criterio, ampliando in larga misura l'esercizio dell'elettorato passivo mediante la trasformazione di numerose situazioni di ineleggibilità in quelle meno gravi di incompatibilità (sentenza n. 162 del 1985).
      È solo apparentemente singolare che la Costituzione preveda cause di incompatibilità per le funzioni parlamentari e non per le funzioni di governo. Quando il testo costituzionale venne redatto appariva evidente che solo parlamentari avrebbero potuto accedere a responsabilità di governo; era il portato del cosiddetto Parteienstaat, lo Stato che si regge sui partiti politici.
      Nel corso dell'esame del provvedimento molte parti politiche hanno proposto di introdurre in questo provvedimento ipotesi di ineleggibilità o di incandidabilità al Parlamento. Il tema è rilevante anche perché esistono interpretazioni contraddittorie che generano incertezza e norme desuete che non rispondono più alle attuali esigenze della trasparenza delle funzioni parlamentari. Tuttavia il relatore ha proposto che tutta la materia - proprio per la sua complessità e la sua estraneità a questo testo che affronta il tema degli incarichi di governo e non degli incarichi parlamentari - confluisse in un apposito progetto di legge, da esaminare con tempestività. Ha perciò chiesto ai numerosi presentatori di emendamenti su questo tema di ritirarli per ripresentarli in Aula al fine di sollecitare su questo tema un dibattito ampio e approfondito e di assumere dopo tale dibattito le più opportune decisioni. L'invito è stato accolto e quindi la questione sarà ripresa in Aula.
      Meno noto e meno richiamato è l'articolo 54 della Costituzione: stabilisce che i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore. L'espressione è antica, ma non si presta ad equivoci. Rispecchia un'idea nobile delle funzioni pubbliche, frutto dello spirito repubblicano e del senso dello Stato.
      Questo principio si applica, naturalmente, anche a chi ha responsabilità di governo, essendo quella di governo la funzione pubblica per eccellenza. E quindi
 

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a chi governa prima che ad altri si richiede di adempiere le sue funzioni con disciplina, e cioè con il rispetto dei doveri che incombono su chi esercita una determinata funzione pubblica, e con onore, cioè in modo da meritare il rispetto dei cittadini.
      Strettamente connessi ai principi dell'articolo 54, infine, sono gli articoli 97 e 98.
      Il primo stabilisce che i pubblici uffici devono assicurare il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione; il secondo stabilisce che i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.
      Il complesso delle disposizioni richiamate disegna un profilo delle funzioni pubbliche che tiene nettamente separati gli interessi pubblici dagli interessi privati e che anzi prevede, attraverso l' incompatibilità, interventi preventivi al fine di evitare la lesione dell'affidabilità di cui deve costantemente godere chi adempie alle pubbliche funzioni.
      Il servizio esclusivo della Nazione e l'imparzialità dei pubblici uffici costituiscono i principi che meglio delineano i doveri dell'uomo di governo.
      Una legge sul conflitto di interessi pone inevitabilmente il problema delle garanzie e dei limiti della proprietà privata.
      Tanto il parere dei tre saggi nominati dall'on. Berlusconi nel 1994 quanto il parere pro veritate redatto dal professor Caianiello per la Commissione Affari costituzionali nella scorsa legislatura hanno escluso che potesse configurarsi un obbligo a vendere a carico del titolare della funzione di governo che si trovasse in potenziale o effettivo conflitto di interessi, proprio richiamandosi alle norme costituzionali in materia di proprietà privata.
      La proposta al nostro esame prevede all'articolo 12, comma 8, l'eventualità della vendita, ma solo quando essa sia l'unico strumento per evitare il conflitto di interessi. Preme rilevare che sia il diritto di proprietà sia l'iniziativa economica privata sono certamente valori costituzionali di primaria importanza in una società democratica, ma anche essi, come tutti valori in democrazia, non sono assoluti. Infatti il secondo comma dell'articolo 41 della Costituzione stabilisce che l'iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale, come accadrebbe se il titolare di una funzione di governo gestisse contemporaneamente la sua impresa e la funzione pubblica in modo da alterare le condizioni di libera concorrenza sul mercato.
      E, d'altra parte, valore costituzionale di rilievo primario è senza dubbio la correttezza e la trasparenza dell'esercizio delle funzioni parlamentari. Se ciascun parlamentare rappresenta la Nazione, come scrive l'articolo 67 della Costituzione, è evidente che le sue funzioni non devono essere esposte al rischio di un uso per finalità esclusivamente private.

3. Le linee di fondo di alcuni altri sistemi.

      Nel corso del dibattito pubblico più volte si è richiamato, e non sempre a proposito, il sistema americano.
      Il sistema di valori proprio della società americana è improntato al principio di responsabilità individuale, all'obbligo da parte di chiunque ricopra pubbliche funzioni di rendere conoscibili tutti i propri interessi economici, alla ferrea controllabilità di chi esercita le pubbliche funzioni da parte della pubblica opinione e dei mezzi di informazione. Si deve inoltre considerare l'importante ruolo svolto dal Senato degli Stati Uniti nel controllare preventivamente le nomine presidenziali, comprese quelle dei componenti del governo. Nella prassi questo controllo verifica con particolare attenzione l'eventuale sussistenza di un conflitto di interessi.
      Cerco di sintetizzare le linee essenziali del sistema statunitense, scusandomi per eventuali imprecisioni, certamente possibili non solo per i limiti, anche interpretativi, del relatore, ma anche per l'intersecarsi di diversi livelli normativi, provenienti da fonti assai diverse fra loro (solo le fonti federali sono più di dieci), e per una certa elasticità della normativa.
      La legislazione si applica a tutti coloro che esercitano funzioni pubbliche, nel Legislativo,

 

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nel Giudiziario e nell'Esecutivo. Ciascun settore, peraltro, è assoggettato a specifiche ulteriori disposizioni in relazione alla specificità della funzione. Gli strumenti individuati dall'esperienza americana sono l'astensione, il qualified blind trust, il qualified diversified blind trust, l'obbligo di alienazione.
      Particolari previsioni, assai dettagliate, riguardano la gestione dei doni, che, se eccedenti un certo valore, vanno o restituiti, o pagati al donatore, o, se deperibili, versati a comunità o enti di assistenza.
      L'obbligo di alienazione può essere imposto soltanto ai membri dell'Esecutivo (non al presidente e al vice presidente) e soltanto come ultima ratio e sempre a condizione che intendano mantenere l'incarico pubblico. È peraltro vero che alcune Agenzie impongono a tutti i propri dipendenti di dismettere le partecipazioni finanziarie nei settori di competenza dell'ente. Ad esempio le persone designate dal presidente degli Stati Uniti a ricoprire responsabilità nel settore della difesa debbono dismettere le partecipazioni finanziarie nell'industria bellica. Ma non si tratta di una regola generale.
      Le due tipologie di trust hanno come caratteristica fondamentale la «cecità» del disponente rispetto al proprio patrimonio. Il trust è cieco, e il disponente può quindi ricoprire la carica pubblica, solo quando il trustee notifica che i beni sono stati ceduti o sostituiti con altri dei quali il disponente non conosce né la natura né l'ammontare. Un qualified blind trust deve rispondere a caratteristiche rigorosissime. Il pubblico ufficiale non deve aver avuto rapporti precedenti con il trustee e non potrà comunicare con lui durante il corso del trust. Il trustee può fornire solo informazioni specifiche relative alla vendita dei beni e le informazioni necessarie per motivi fiscali. Questi trusts sono supervisionati e disponibili al pubblico per controlli. Il qualified diversified trust consiste nel conferimento di un portafoglio di titoli ampiamente diversificati e rapidamente trasferibili, nessuno dei quali deve far riferimento a settori di primaria responsabilità del disponente.
      La linea di sbarramento è costituita dal capitolo 11 del titolo 18 del codice penale che disciplina, insieme, Bribery, Graft and Conflict of interests. La sect. 208 punisce ogni pubblico ufficiale federale che partecipa, nell'esercizio delle sue funzioni, ad una decisione che riguarda questioni nelle quali egli ha un qualsivoglia interesse finanziario.
      Obbligo generale è la disclosure, la pubblicizzazione delle risorse economiche dell'interessato, del coniuge convivente e dei figli a carico. Sono esclusi dalla pubblicizzazione i beni affidati ad un qualified blind trust o ad un qualified diversified trust. Il livello della pubblicizzazione è massimo per i gradi più alti dell'Esecutivo; scema per i livelli più bassi dell'amministrazione.
      Il presidente e il vice presidente degli Stati Uniti e tutte le cariche che hanno bisogno dell'approvazione del Senato per esercitare le loro funzioni (ministri, ambasciatori, giudici della Corte suprema, etc.) hanno l'obbligo di presentare all'Office of Government Ethics (OGE) una completa e dettagliata dichiarazione su tutti i propri redditi e su tutte le proprietà di cui dispongano. Le dichiarazioni sono rese pubbliche. Il presidente e il vice presidente non hanno altri oneri; però nella storia degli Stati Uniti è accaduto che di fronte a campagne di stampa o a pubbliche richieste di chiarimenti qualcuna di queste autorità abbia spontaneamente provveduto ad assumere decisioni dirette ad evitare il sia pur minimo sospetto di conflitto di interessi.
      L'OGE, ricevute le dichiarazioni, può chiedere ulteriori chiarimenti all'interessato e può proporre misure dirette a prevenire possibili conflitti di interessi o a scongiurare il protrarsi di un conflitto già verificatosi. Queste misure possono essere le più varie, inclusi il blind trust, l'alienazione o anche l'impegno ad astenersi dall'esercizio di determinate funzioni. Se le misure proposte non hanno seguito, l'OGE informa l'istituzione competente che decide discrezionalmente i provvedimenti da adottare.
 

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      L'OGE non è un organo paragiudiziario né un organo abilitato ad applicare sanzioni. È piuttosto un organo consultivo, di supervisione e di certificazione della correttezza del comportamento tenuto dal titolare di una funzione di governo in adempimento delle direttive consigliate dall'OGE.
      I maggiori Paesi europei, Francia, Germania, Spagna, Gran Bretagna hanno specifiche norme dirette a prevenire il conflitto di interessi.
      In nessuno di questi Paesi è consentito al titolare di una responsabilità di governo di esercitare attività professionali, imprenditoriali o nella pubblica amministrazione.
      In Francia vige il principio della incompatibilità della carica di membro del Governo con molte attività pubbliche e private e con incarichi direttivi in società finanziarie o in società che hanno rapporti privilegiati con lo Stato o in società immobiliari o che hanno come finalità la costruzione di immobili destinati alla vendita. Ciascun membro del Governo è obbligato a presentare ad un'apposita commissione (Commission pour la transparence financière de la vie politique, costituita dal vice presidente del Consiglio di Stato, dal presidente della Corte di cassazione e dal presidente della Corte dei conti) una denuncia della propria situazione finanziaria e patrimoniale; questa denuncia però, a differenza di quanto accade negli Stati Uniti, non è resa pubblica e non può esserne accertata la veridicità. Il codice penale punisce con pene severe, sino a cinque anni di reclusione, chi prende un interesse privato in atti di ufficio.
      In Germania il Cancelliere ed i ministri federali non possono esercitare nessun altro ufficio, nessun altro incarico remunerato, nessun mestiere, nessuna professione. Non sono previste sanzioni specifiche per l'uomo di Governo che versi in conflitto di interessi, ma la dottrina ritiene che il Cancelliere debba non chiamare a far parte del Governo coloro che versino in potenziale conflitto di interessi e debba chiedere al Presidente della Repubblica di revocare l'incarico ministeriale a chi successivamente si sia trovato in conflitto di interessi.
      La Spagna si è dotata di una nuova legge nell'aprile 2006.
      Il Governo è tenuto a sottoporre al Congresso i nomi dei candidati alle più alte cariche dello Stato. Il Congresso costituisce una commissione ad hoc per acquisire ogni documentazione dai candidati e decidere se esiste per taluno di essi un conflitto di interessi. Per tutte queste cariche e per gli incarichi di governo è sancito il principio di esclusività: l'esercizio di funzioni pubbliche è incompatibile con qualsiasi altra funzione, pubblica o privata. È vietato avere una partecipazione superiore al 10 per cento in imprese che abbiano relazioni contrattuali con la pubblica amministrazione. I beni mobiliari dei titolari di cariche pubbliche sono gestiti attraverso un blind trust. È istituita una Oficina de Conflictos de Intereses, organo del Ministero delle pubbliche amministrazioni, ma del tutto autonoma, che è competente a controllare il regime delle incompatibilità. Chi viola le disposizioni sul conflitto di interessi è interdetto per dieci anni da qualsiasi incarico pubblico e quindi decade dalla carica; le imprese non potranno concludere contratti con le pubbliche amministrazioni per due anni.
      Un caso a parte è quello della Gran Bretagna. La normativa in materia di conflitto di interessi vigente nel Regno Unito non prevede alcuna specifica disciplina legislativa. Ci sono regole deontologiche e principi di autoregolamentazione. Ma i vincoli non sono per questo meno rigorosi, perchè in questa materia anche le regole informali e prive di sanzione giuridica sono considerate cogenti dall'opinione comune.
      I criteri ai quali attenersi sono contenuti in codici di condotta basati su alcune regole di portata generale individuate dalla Commissione sulle regole della vita pubblica (Committee on standards in public life).
      In genere, è prevista la «doverosa pubblicità degli interessi» (disclosure of interest) perseguita per i titolari di cariche di governo attraverso l'obbligatoria dichiarazione
 

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dei propri interessi privati (declaration and registration of interests).
      Il codice di condotta (Ministerial Code) applicabile ai titolari di cariche di governo prevede che non debbano insorgere conflitti tra le cariche pubbliche e gli interessi privati. Il codice prevede due principali modalità attraverso le quali si determina il conflitto: a) esercizio di poteri o di influenza che incida sul valore degli interessi privati; oppure b) impiego di particolari conoscenze, acquisite nel corso dell'attività istituzionale, che possa arrecare benefici agli interessi privati.
      È rimesso alla responsabilità individuale decidere quali azioni mettere in campo per evitare un conflitto (o la percezione di un conflitto), rispondendo della decisione assunta davanti al Parlamento. Presso il Cabinet Office è stato istituito un ufficio cui i vari soggetti possono rivolgersi per chiarimenti e consigli in merito, anche avvalendosi del supporto di professionisti esterni al Governo.
      Qualora sussistano dubbi sulla possibilità di porre un efficace rimedio al conflitto possono rendersi necessarie le dimissioni dalla carica politica.
      Gli atti compiuti in condizione di conflitto di interessi possono essere annullati dal giudice.
      Speciale attenzione nella disciplina britannica è posta, invece, nel campo dei media al problema dell'impiego dei mezzi di comunicazione per diffondere informazioni di carattere politico ed industriale.
      Il Broadcasting Act 1990, che rappresenta la disciplina generale di riferimento del settore dei media, prevede in particolare che la completezza e l'imparzialità dell'informazione radiotelevisiva siano posti come condizione di licenza delle emittenti.
      Per la loro tutela sono previste specifiche norme di comportamento declinate nel Broadcasting Code - approvato dall'Autorità di settore - applicabili sempre e a tutte le emittenti.
      Due princìpi ivi contenuti sono di notevole rilievo: assicurare che le emittenti non usino la propria piattaforma per scopi personali, con riferimento alle questioni politiche ed industriali, ed assicurare che non sia concesso sostegno privilegiato all'opinione di particolari individui o gruppi.

4. I suggerimenti dell'OCSE.

      L'OCSE ha presentato nel maggio 2004 un rapporto sul conflitto di interessi che ha due principali obbiettivi: a) identificare, prevenire ed affrontare i casi di conflitto di interessi; b) aumentare la trasparenza delle decisioni pubbliche quando queste potrebbero essere compromesse da casi di conflitto di interessi.
      Il rapporto è ampio (85 pagine) ed è utile perché ha un approccio molto concreto al tema.
      Indico qui di seguito i punti principali del rapporto:

          a) bisogna distinguere a seconda che il conflitto sia attuale, apparente, reale, potenziale;

          b) il conflitto di interessi esiste quando un pubblico ufficiale ha propri privati interessi che potrebbero impropriamente influenzare la sua attività, i suoi doveri pubblici, la sua responsabilità;

          c) i privati interessi devono essere rilevanti dal punto di vista quantitativo oppure dal punto di vista qualitativo;

          d) si ha una situazione di apparente conflitto di interessi quando la situazione è tale da danneggiare seriamente la pubblica fiducia nel pubblico ufficiale;

          e) si ha una situazione di potenziale conflitto di interessi quando il pubblico ufficiale ha interessi rilevanti, ma i suoi compiti attuali non hanno nulla a che vedere con quegli interessi;

          f) il conflitto è effettivo quando si traduce in un abuso di ufficio;

 

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          g) al fine di stabilire se i doni ricevuti possono dar vita ad un conflitto di interessi il rapporto suggerisce di porre quattro domande: il dono è stato in qualche modo sollecitato? l'accettazione del dono fa sì che una persona di buon senso possa ritenere che il pubblico ufficiale non potrà essere indipendente nel futuro? dopo aver accettato il dono, il pubblico ufficiale si potrà sentire totalmente libero nei confronti del donatore? il pubblico ufficiale è in grado di comunicare in modo trasparente alla sua organizzazione sindacale o politica, ai colleghi, ai media, al pubblico di aver ricevuto quel tipo di dono?

          h) è suggerito che i pubblici ufficiali presentino una pubblica dichiarazione in ordine ai propri interessi rilevanti;

          i) il pubblico ufficiale ha l'obbligo di astenersi quando può configurarsi una situazione di conflitto di interessi;

          l) in caso di conflitto è da prevedere il blind trust o anche la vendita dei beni in alternativa alle dimissioni.

5. I caratteri fondamentali della vigente legge sul conflitto di interessi (legge 20 luglio 2004, n. 215).

      a. Destinatari della legge.

      Sono destinatari della legge n. 215 del 2004 (cosiddetta legge Frattini) il Presidente del Consiglio dei ministri, i Ministri, i Vice Ministri, i sottosegretari di Stato, i commissari straordinari del Governo.
      Queste autorità devono dedicarsi esclusivamente alla cura degli interessi pubblici e devono astenersi dal compimento di atti - inclusa la partecipazione a deliberazioni collegiali - «in situazione di conflitto di interessi».
      La legge non prevede tra i destinatari né gli amministratori regionali, né gli amministratori degli enti locali, ma rinvia alla legislazione regionale. Non mi pare che qualche regione abbia legiferato. Credo che bisognerà valutare, alla luce della interpretazione che dell'articolo 117 della Costituzione ha dato la Corte costituzionale, se non sia più coerente e corretto colmare questa lacuna con normativa statale, per preservare il valore dell'unità dell'ordinamento giuridico.

      b. Incompatibilità.

      Per la prima volta è prevista una disciplina delle incompatibilità per membri del Governo. L'incompatibilità riguarda:

          ogni carica o ufficio pubblico, con alcune eccezioni;

          cariche, uffici o funzioni in enti di diritto pubblico, anche economici;

          cariche, uffici, funzioni o compiti di gestione in società aventi fini di lucro o in attività di rilievo imprenditoriale, o in associazioni o società tra professionisti. L'imprenditore individuale provvede a nominare uno o più institori, ai sensi del codice civile;

          l'esercizio di attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di Governo;

          l'esercizio di qualsiasi tipo di impiego o lavoro sia pubblico, sia privato;

          l'esercizio di funzioni di amministratore regionale.

      Gli incarichi e le funzioni incompatibili cessano con effetto dalla data del giuramento relativo agli incarichi di Governo e comunque dalla data di effettiva assunzione delle cariche. Qualora non siano cessati, provvede l'Autorità antitrust.

      c. Incompatibilità successiva.

      Dopo il termine dell'incarico di Governo, l'incompatibilità sussiste per ulteriori dodici mesi nei confronti di cariche in enti di diritto pubblico e in società con fini di lucro che operano in settori connessi con la carica ricoperta. Quanto ai rapporti d'impiego o di lavoro pubblico o privato, è previsto il collocamento in aspettativa.

      d. Definizione di conflitto di interessi.

      La legge ha scelto il criterio del conflitto reale e non il criterio del conflitto

 

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potenziale. Nella logica della legge il conflitto potenziale è risolto con il criterio della incompatibilità. Pertanto il conflitto sussiste quando il titolare di cariche di Governo partecipa all'adozione di un atto - anche formulando la proposta - o omette un atto dovuto:

          se versa in situazione di incompatibilità;

          se l'atto o l'omissione ha avuto un'«incidenza specifica e preferenziale» sul patrimonio del titolare, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado, o delle imprese o società da essi controllate, con danno per l'interesse pubblico. Si tratta di qualsiasi vantaggio che in modo particolare, ancorché non esclusivo, si può determinare nel patrimonio dei soggetti interessati,anche quando l'azione di governo è formalmente destinata alla generalità dei cittadini. Può trattarsi anche del patrimonio di imprese o società controllate dai destinatari dell'obbligo. Violano il divieto anche gli atti che costituiscano o mantengano una posizione dominante sul mercato, anche con riferimento a imprese che operano nel settore delle comunicazioni.

      e. Obblighi di dichiarazione.

      Chi assume la titolarità di cariche di Governo ha l'obbligo di comunicare all'Autorità Antitrust:

          l'eventuale titolarità di cariche o attività incompatibili;

          tutti i dati relativi alle attività patrimoniali di cui sia titolare, o di cui sia stato titolare nei tre mesi precedenti.

      Gli obblighi di dichiarazione sono estesi al coniuge ed ai parenti entro il secondo grado.
      Le dichiarazioni sono rese anche all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, quando le incompatibilità o i dati patrimoniali afferiscano a settori di sua competenza. Le dichiarazioni incomplete o non veritiere o la mancata effettuazione delle dichiarazioni stesse costituiscono reato.
      Le due Autorità provvedono agli accertamenti di competenza.

      f. Previsioni specifiche per il sistema della comunicazione.

      La materia relativa alla comunicazione, stante il rilievo specifico che la comunicazione ha nel mondo contemporaneo e, stante la specifica posizione in questo campo di uno dei leader politici del Paese, è trattata con specifiche disposizioni. Le imprese che operano nel sistema integrato della comunicazione (SIC) e che «fanno capo» al titolare di cariche di governo, al coniuge o ai parenti entro il secondo grado, ovvero sono da essi controllate, non devono fornire un sostegno privilegiato al titolare di cariche di governo.
      L'espressione «fanno capo» tende evidentemente a sottolineare il dato di fatto sostanziale, al di là delle cortine formali che il proprietario effettivo può sollevare per occultare la sua posizione.

      g. Competenze dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM).

      L'AGCM è competente ad accertare la sussistenza di:

          situazioni d'incompatibilità;

          situazioni di conflitto d'interessi.

      Nel primo caso, l'Autorità promuove gli adempimenti volti a superare la situazione di incompatibilità, che vengono eseguiti dagli organi di volta in volta competenti, e ne dà comunicazione ai Presidenti delle due Camere.
      Nel secondo caso, l'Autorità non ha poteri diretti nei confronti del titolare di cariche di Governo, ma comunica ai Presidenti delle Camere il risultato degli accertamenti svolti, indicando la situazione di privilegio. L'Antitrust può invece diffidare ed eventualmente infliggere sanzioni pecuniarie alle imprese che pongano in essere comportamenti volti ad avvantaggiarsi degli atti adottati in situazioni di conflitto d'interesse.
      A seguito degli accertamenti o dell'eventuale irrogazione di sanzioni pecuniarie alle imprese, l'Antitrust deve effettuare

 

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una comunicazione motivata diretta ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.
      Tale comunicazione deve indicare:

          i contenuti della situazione di privilegio;

          gli effetti distorsivi realizzatisi sul mercato;

          le conseguenze della situazione di privilegio;

          le eventuali sanzioni inflitte alle imprese.

      A questo punto i presidenti delle Camere dovrebbero informare le Assemblee; ciascun Gruppo e ciascun parlamentare può assumere le iniziative ritenute più congrue, dal silenzio alla mozione di sfiducia individuale.

      h. Competenze dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM).

      L'AGCOM ha compiti di vigilanza, di accertamento e sanzionatori non nei confronti del titolare di cariche di governo, ma nei confronti delle imprese che facciano capo al titolare medesimo - ovvero al coniuge o ai parenti entro il secondo grado, o che siano da essi controllate - qualora tali imprese operino nei settori del sistema integrato delle comunicazioni; si tratta del «settore economico che comprende le seguenti attività: stampa quotidiana e periodica; editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di Internet; radio e televisione; cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni».
      Oggetto del controllo e di eventuale sanzione sono i comportamenti che:

          forniscano un «sostegno privilegiato» al titolare di cariche di governo;

          vìolino le disposizioni di ordine generale volte a disciplinare l'esercizio dell'attività radiotelevisiva, l'assetto complessivo del settore delle comunicazioni e la comunicazione politica attraverso i mezzi di informazione.

      Le sanzioni pecuniarie previste nella normativa sulle comunicazioni, possono essere aumentate sino a un terzo, in relazione alla gravità della violazione.
      L'Autorità informa il Parlamento degli accertamenti effettuati e delle eventuali sanzioni irrogate.

      i. Relazioni al Parlamento.

      Le due Autorità comunicano ogni sei mesi alle Camere, attraverso apposite relazioni, lo stato delle attività di controllo e vigilanza che sono ad esse attribuite. Le relazioni sono state puntualmente presentate e sono di particolare interesse per il nostro lavoro.

      

6. Le disposizioni emanate dalle due Autorità (AGCM e AGCOM) in attuazione della legge Frattini.

      Come previsto dalla legge n. 215 del 2004 le due autorità incaricate del controllo hanno emanato proprie disposizioni di carattere interpretativo e procedimentale. Naturalmente i due provvedimenti amministrativi si distinguono nettamente tra loro in relazione al fatto che una delle due autorità ha competenza generale e l'altra ha competenza soltanto per quanto attiene al sistema delle comunicazioni.
      Il regolamento approvato dall'AGCM nella interpretazione dei diversi concetti chiave (ufficio pubblico, compiti di gestione, impresa) segue correttamente un criterio sostanziale e prescinde dalle qualificazioni formali delle singole funzioni o delle singole attività. Nella competenza dell'Autorità rientrano anche le iniziative legislative del membro del Governo. L'interpretazione è interessante e sembra corretta data la lettera dell'articolo 3 della legge che richiede che l'atto abbia «un'incidenza specifica e preferenziale sul patrimonio [...] con danno per l'interesse pubblico». Poiché non si parla di vantaggio ma di incidenza, il concetto è certamente più elastico e tale da tollerare

 

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anche la mera eventualità del vantaggio concreto.
      Il concetto è ribadito nell'articolo 5 del regolamento, laddove si dice che l'Autorità prende in considerazione qualsiasi vantaggio che in modo particolare, ancorché non esclusivo «si può determinare» nel patrimonio dei soggetti interessati.
      È altresì interessante l'interpretazione del concetto di danno per l'interesse pubblico. Sussisterebbe questo tipo di danno:

          a) quando l'atto o l'omissione del titolare della carica di governo è idoneo ad alterare il corretto funzionamento del mercato (si richiede che l'atto sia idoneo a produrre il danno, non si chiede che il danno sia stato effettivamente prodotto);

          b) quando l'incidenza specifica e preferenziale è «frutto di una scelta manifestamente ingiustificata in relazione ai fini istituzionali cui è preordinata l'azione di governo».

      L'interpretazione sub b) sembra particolarmente idonea a recuperare i valori costituzionali di affidabilità e credibilità dell'azione di governo.
      Il regolamento approvato dall'Autorità per la garanzia nelle comunicazioni determina la propria competenza riferendosi alle imprese che fanno parte del SIC (sistema integrato della comunicazione) avuto riguardo, spiega l'articolo 1, ai principi fondamentali «del pluralismo, dell'obbiettività, della completezza , della lealtà e dell'imparzialità dell'informazione». Per sostegno privilegiato si intende anche «qualsiasi forma di vantaggio, diretto, indiretto, politico, economico, di immagine al titolare di cariche di governo».
      L'ambito di competenza dell'Autorità è fissato nella legge sul conflitto di interessi che richiama le quattro leggi fondamentali della materia (n. 223 del 1990, n. 249 del 1997, n. 28 del 2000, n. 112 del 2004).
      Sulla base di questo richiamo, il regolamento stabilisce che chi comunica all'Autorità dati o notizie non corrispondenti al vero è punito con le pene previste dall'articolo 2621 del codice civile (reclusione da uno a cinque anni); chi non provvede, nei termini e con le modalità richieste dall'Autorità, a fornire i dati richiesti è punito, in base all'articolo 1, commi 29 e 30, della legge n. 249 del 1997, istitutiva dell'Autorità, con la sanzione amministrativa pecuniaria da uno a duecento milioni di lire (pari rispettivamente a 516,46 e 103.291,38 euro).
      È utile rilevare che chi omette di fornire all'AGCM i dati da essa richiesti è punito a norma dell'articolo 328 del codice penale, con la reclusione da sei mesi a due anni.
      Forse è il caso che nel corso dei nostri lavori si valuti se questa differenza di sanzione sia giustificata dal particolare rilievo che ha il sistema radiotelevisivo per la formazione del consenso o se sia il caso di prevedere la parificazione delle sanzioni, o verso l'alto o verso il basso.

7. I rilievi delle due Autorità sulla legge.

      Le due Autorità hanno dovuto svolgere i loro controlli nei confronti di tre governi, il Berlusconi II, il Berlusconi III ed il Prodi II. Pur nel breve arco di tempo di applicazione della legge è stato possibile, proprio per il succedersi di ben tre diversi governi, compiere un'esperienza applicativa assai rilevante. Le relazioni presentate al Parlamento documentano in modo inappuntabile il lavoro svolto, le difficoltà incontrate, le soluzioni adottate.
      Le Autorità si sono preoccupate nel corso delle diverse relazioni di segnalare al Parlamento i punti della legge che l'esperienza indicava come meritevoli di una correzione.
      Indico sinteticamente i suggerimenti avanzati dalle due Autorità nelle loro relazioni per rendere efficace la cosiddetta Legge Frattini.

          a) Art. 2, comma 1, lett. a): ha escluso dalle incompatibilità gli amministratori di enti locali, ma non i consiglieri regionali.

          b) Art. 2, comma 1, lett. d): «divieto di esercitare attività professionali o di lavoro autonomo connesse con la carica di governo». L'accertamento della connessione

 

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non è agevole e può dar luogo a conflitti interpretativi.

          c) Art. 2, comma 4: l'incompatibilità successiva riguarda società che operino «prevalentemente» in settori connessi con la carica ricoperta; è difficile dare un contenuto specifico al «prevalentemente». Manca l'obbligo di segnalare gli incarichi assunti successivamente alla cessazione della carica.

          d) Art. 3: è necessario un collegamento formale e funzionale tra l'atto, il titolare che l'ha adottato e il suo patrimonio; pertanto non sussiste conflitto di interessi quando un ministro compie un atto che produce un rilevante vantaggio patrimoniale ad un suo collega di governo. Una delle due Autorità ha segnalato un caso concreto.

          e) Art. 3: il danno per l'interesse pubblico è previsto come elemento ulteriore rispetto alla lesione dell'interesse al corretto esercizio dell'attività di governo. Dovrebbe essere sufficiente la lesione di quest'ultimo interesse.

          f) Art. 5, comma 1, prevede che i titolari della carica dichiarino le situazioni di incompatibilità all'atto dell'assunzione della carica. Quindi il titolare deve effettuare una propria preventiva valutazione che può dar adito a differenze e contrasti nei confronti di valutazioni che in situazioni analoghe abbiano compiuto suoi colleghi o abbia compiuto l'AGCM. Questa Autorità ha segnalato che il sistema appare «non del tutto coerente ed impedisce all'Autorità di accedere direttamente, tramite le dichiarazioni degli interessati, alle informazioni di base che rivelino tutte le situazioni suscettibili di essere valutate in relazione all'articolo 2 della legge» (Doc. CCXXII, n. 1, p. 21).

          g) Art. 6, comma 8: «L'Autorità procede a diffidare l'impresa, quando essa pone in essere comportamenti diretti a trarre vantaggio da atti adottati in conflitto di interessi e vi è la prova che chi ha agito conosceva tale situazione di conflitto.» Occorrerebbe verificare: 1) l'adozione di comportamenti diretti ad avvantaggiarsi da atti compiuti in conflitto di interessi; 2) la consapevolezza della sussistenza del conflitto di interessi da parte del soggetto che ha agito. In molti casi può essere assai difficile o addirittura impossibile provare questa consapevolezza.

          h) Il regime sanzionatorio per le imprese non è efficace: in caso di violazione della legge (e cioè in caso di mancata ottemperanza alla diffida adottata dall'Autorità), la sanzione pecuniaria è commisurata nel massimo al vantaggio patrimoniale effettivamente conseguito dall'impresa (articolo 6, comma 8).

          i) Mancano disposizioni in materia di pubblicità delle decisioni, a differenza di quanto accade per altri settori di competenza dell'AGCM (articolo 26 della legge 10 ottobre 1990, n. 287; articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 2003, n. 284).

          j) Il coniuge e i parenti dei destinatari delle norme sul conflitto di interessi non incorrono in alcuna sanzione se non presentano la dichiarazione sullo stato patrimoniale.

          k) Non è previsto per gli affini l'obbligo di presentare la dichiarazione sullo stato patrimoniale.

          l) Non è indicata la quota minima in partecipazioni azionarie che fa scattare il conflitto di interessi. L'AGCM ha fissato la soglia di 25.000 euro ovvero la misura del 2 per cento per le azioni aventi diritto di voto.

          m) Art. 7, comma 1: c'è un'incongruenza. L'AGCOM deve accertare se le imprese che operano nel SIC forniscano, violando le disposizioni delle quattro leggi pilastro (n. 223 del 1990, n. 249 del 1997, n. 28 del 2000, n. 112 del 2004), un sostegno privilegiato al titolare di cariche in potenziale conflitto di interessi. Ma nelle quattro leggi si rinvengono solo marginalmente precetti rivolti agli editori di quotidiani e periodici e mancano del tutto le direttive rivolte agli altri soggetti compresi nel SIC (cinema, sponsorizzazioni, etc).

 

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          n) I titolari della carica a norma dell'articolo 5, comma 3, devono dichiarare all'AGCOM situazioni di incompatibilità che riguardano editoria e settore radiotelevisivo, ma non situazioni di incompatibilità che riguardino gli altri settori del SIC.

          o) Ulteriori problemi solleva l'impianto sanzionatorio, per il quale la legge sul conflitto di interessi rinvia alle quattro leggi pilastro. Questo impianto è in sé particolarmente debole (l'AGCOM ha segnalato più volte questa debolezza) ed in più è particolarmente indeterminato in alcune prescrizioni: la legge n. 28 del 2000 sulla par condicio prevede solo il ripristino della parità di accesso ai media. L'AGCOM si rifà all'articolo 1, comma 3, della legge n. 249 del 1997 per il caso di violazione degli ordini e delle diffide emanati dall'Autorità.

          p) L'articolo 9, comma 1, della legge n. 28 del 2000 stabilisce che «Dalla data di convocazione dei comizi elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l'efficace assolvimento delle proprie funzioni». Ne consegue, e così si è comportata l'AGCOM, che le emittenti radiotelevisive private non sono destinatarie di questa normativa e non sono perseguibili in caso di violazione.

8. I caratteri fondamentali del progetto all'attenzione dell'Aula.

      a) Il testo elaborato dalla Commissione, come tutte le leggi analoghe degli altri Paesi, ha carattere preventivo, ha lo scopo cioè di prevenire il conflitto di interessi; la legge attualmente in vigore, invece, si limita ad intervenire solo successivamente e con sanzioni scarsamente disincentivanti.

      b) È istituita una apposita Autorità (artt. 3, 4, 5, 6), che assorbe anche le competenze dell'attuale Alto commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione (articolo 1 legge 6 gennaio 2003, n. 3). La Commissione ha discusso dell'opportunità di attribuire queste nuove competenze all'Autorità antitrust e all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, come fa la legge attualmente in vigore. Ferme restando le competenze assolutamente specialistiche dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, si è ritenuto opportuno istituire una nuova Autorità per evitare un' eccessiva concentrazione di poteri sull'Antitrust cui sarebbero attribuite le funzioni di «regolatore unico» del mercato e della politica con effetti discutibili per l'equilibrio dei poteri in una moderna democrazia. La creazione di una nuova Autorità risponde quindi all'idea di separare anche sul piano istituzionale i compiti di verifica del buon funzionamento del mercato da quelli di prevenzione di forme di scorretto esercizio degli incarichi di governo. Al fine di evitare la moltiplicazione delle Autorità si propone di sopprimere la figura del cosiddetto Alto Commissario anticorruzione, attribuendo le sue competenze alla nuova Autorità. I provvedimenti dell'Autorità sono impugnabili davanti ad un giudice specializzato. Le decisioni devono essere assunte entro venti giorni.

      c) Le misure sul conflitto di interessi si applicano tanto al governo nazionale quanto ai governi regionali e locali (articolo 2). La proposta prevede che si applichino ai comuni con più di 15.000 abitanti. A seguito di alcune considerazioni emerse nella Commissione, il relatore si riserva, ascoltato il dibattito d'Aula, di limitare l'applicazione delle regole sul conflitto di interessi alle regioni, alle città metropolitane e alle province che su queste città insistono.

      d) Il fulcro della proposta di legge è costituito da quattro doveri, ciascuno dei quali scatta in presenza di specifiche condizioni:

          1) dovere di informare l'Autorità sulla propria attività, sui vincoli professionali, sugli uffici ricoperti e sul proprio patrimonio; questo dovere grava anche sui

 

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familiari del titolare della carica di governo e sugli affini fino al secondo grado, nonché su coloro che convivono stabilmente con lui per ragioni diverse dal lavoro domestico (articolo 8);

          2) dovere di astenersi da specifici atti e comportamenti (articolo 1, commi 2 e 3, e articolo 9);

          3) dovere di optare tra posizioni incompatibili (artt. 10 e 11; e articolo 13);

          4) dovere di istituire un trust cieco (articolo 12).

      e) La violazione del dovere di informazione è sanzionato con il pagamento di una somma di danaro (da 20 mila a 35 mila euro); quando la violazione abbia arrecato un vantaggio economico al titolare della carica di governo o ad un suo parente o affine o convivente, a quella sanzione si aggiunge il pagamento di una somma di danaro dal doppio al quadruplo del vantaggio patrimoniale effettivamente conseguito. Una specifica sanzione è prevista per il componente titolare della carica di governo che avvantaggi economicamente un suo collega (caso verificatosi nella precedente legislatura e non sanzionato dalle disposizioni in vigore). Le sanzioni sono disciplinate dagli artt. 18, 19 e 20.

      f) Al mancato esercizio dell'opzione e alla violazione di istituire un trust cieco si connette uno specifico significato: si intende che l'interessato abbia deciso di lasciare la carica di governo (articolo 10, comma 10; 11, comma 5; e 12, comma 19). Si è discusso in Commissione dell'opportunità di far decadere ex lege il titolare della carica di governo che non abbia optato o non abbia costituito il blind trust. Su questo tema la letteratura costituzionale è divisa. Il relatore si riserva di presentare un apposito emendamento in esito al dibattito d'Aula.

      g) La disciplina del trust cieco è fissata negli articoli 14 e 15. Lo schermo del trust permette di realizzare una temporanea separazione tra la gestione del patrimonio conferito e la sua titolarità finale; la cecità del trust impedisce al titolare della carica di governo di poter verificare in corso di carica gli effetti di singoli atti o decisioni sulla propria sfera patrimoniale. Il trustee ha la più ampia discrezionalità in merito alla consistenza qualitativa dei beni (può vendere e comprare), non può ricevere disposizioni dal titolare della carica di governo e lo informa ogni semestre dello stato quantitativo dei beni assegnati al trust. Il trust è scelto dal disponente, ma solo d'intesa con l'Autorità.

      h) Nel sistema così delineato il ricorso alla alienazione è previsto solo come extrema ratio, quando cioè rappresenti l'unica misura possibile per evitare il conflitto di interessi nella specifica situazione.

      i) La proposta prevede infine due ipotesi di sostegno privilegiato. L'articolo 23 disciplina la materia durante le campagne elettorali, l'articolo 24 al di fuori di tali periodi.

      L'apparato normativo della par condicio che è limitato alla campagna elettorale si è rivelato insufficiente, perchè il sostegno privilegiato estende la sua portata al di là del tempo limitato della campagna elettorale.
      Il TAR del Lazio in una recente sentenza relativa ad un provvedimento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (TAR Lazio, sez. III ter., n. 6832 del 2006) ha ribadito che l'obiettività, la completezza, la lealtà e l'imparzialità dell'informazione, l'apertura alle diverse opinioni e tendenze politiche costituiscono principi fondanti dell'ordinamento radiotelevisivo e non possono operare solo nel periodo della propaganda elettorale. Tale sentenza ha riconosciuto la legittimità dell'Autorità - e quindi a maggior ragione del legislatore - di porre regole finalizzate a garantire l'osservanza di quei principi senza limitazioni di carattere temporale.
      A questi principi si ispirano le norme sopra richiamate.

 

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9. Illustrazione dell'articolato.

      Il provvedimento si compone di 29 articoli, suddivisi in sette capi.
      Il capo I reca i princìpi generali della legge.
      L'articolo 1 sancisce il principio che tutti i titolari di cariche pubbliche sono tenuti ad operare nell'esclusiva cura degli interessi pubblici loro affidati ed hanno conseguentemente l'obbligo di astenersi da qualunque decisione che possa produrre un vantaggio rilevante nel loro patrimonio personale ovvero in quello dei congiunti o di altri che siano con loro legati da rapporti di interesse. Per congiunti si intendono, qui, il coniuge non legalmente separato, i parenti o affini entro il secondo grado e le persone stabilmente conviventi non a scopo di lavoro domestico.
      Posto tale principio generale, il provvedimento definisce, all'articolo 2, il conflitto di interessi con riferimento alle cariche pubbliche di governo nazionale, regionale e locale: vale a dire il Presidente del Consiglio dei ministri e i vicepresidenti, i ministri e i viceministri, i sottosegretari di Stato, i commissari straordinari del Governo, i presidenti di regione e di provincia, i componenti delle giunte regionali e provinciali, nonché i sindaci e i componenti delle giunte comunali dei comuni con più di 15.000 abitanti.
      Sussiste conflitto di interessi, ai fini del provvedimento in esame, quando il titolare di una delle predette cariche sia altresì titolare di un interesse economico privato tale da condizionare l'esercizio delle sue funzioni pubbliche o da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza; ovvero quando sia preposto, a vario titolo, alla cura di un tale interesse; ovvero quando ne sia titolare un suo congiunto.
      Nello specifico, il conflitto di interessi delle cariche di governo statali è oggetto del capo III; quello delle cariche di governo regionali e locali, del capo V.
      Il capo II ha ad oggetto l'Autorità per la prevenzione dei conflitti di interessi e delle forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione.
      L'articolo 3 istituisce l'Autorità in questione, la quale è organo collegiale composto da cinque membri: uno, il presidente, nominato dai Presidenti delle due Camere, d'intesa tra loro, e gli altri quattro eletti dalle Camere stesse. Più precisamente, ciascuna Camera elegge due membri, con voto limitato a uno, in modo da garantire la partecipazione paritaria di maggioranza e opposizione. I cinque membri sono scelti, sull'ispirazione dei requisiti soggettivi previsti per i giudici costituzionali, tra i professori ordinari di università in materie giuridiche ed economiche, i magistrati delle giurisdizioni superiori ordinarie e amministrative e gli avvocati dopo venti anni di esercizio della professione. Il mandato dura sette anni, e non è rinnovabile.
      L'Autorità opera in piena autonomia, anche regolamentare, e con indipendenza di giudizio e di valutazione. A garanzia di ciò sono previste cause ostative all'elezione o alla nomina a membro dell'Autorità, incompatibilità con il mandato ed obblighi di astensione dalla decisione in determinati casi. Specifiche incompatibilità, inoltre, sono previste per i due anni successivi alla cessazione del mandato.
      Ai sensi dell'articolo 4, l'Autorità esercita le funzioni e i poteri previsti dalla proposta di legge in esame al fine di prevenire ed eventualmente sanzionare i conflitti di interessi delle cariche di governo statali, nonché (articolo 21, comma 2) di quelle regionali e locali. All'Autorità sono inoltre trasferite le funzioni attribuite dall'ordinamento all'Alto commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione, che è contestualmente soppresso.
      L'Autorità è dotata di poteri per l'acquisizione di notizie e dati e si avvale, per le indagini, le verifiche e gli accertamenti che ritiene necessari, di un apposito nucleo della Guardia di finanza, nonché della collaborazione di amministrazioni ed enti pubblici, potendo altresì consultare l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e le altre autorità di settore.

 

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      L'Autorità riferisce semestralmente al Parlamento sulla propria attività.
      L'articolo 5 reca la disciplina in materia di personale dell'Autorità, ispirata anch'essa dall'esigenza di assicurare l'autonomia dell'organo, sulla scorta della disciplina prevista per altre autorità indipendenti.
      L'articolo 6 individua le tutele giurisdizionali avverso gli atti di accertamento e i provvedimenti adottati dall'Autorità. Questi possono essere impugnati in primo grado esclusivamente dinanzi alla Corte d'appello di Roma, avverso la cui decisione si può ricorrere alla Corte di cassazione. Le due Corti decidono in appositi collegi giudicanti, dei quali è specificata nella proposta di legge la composizione. Sia per le impugnazioni, sia per le decisioni sono stabiliti precisi termini, congrui con le esigenze di celerità del procedimento. Termini altrettanto brevi sono previsti per la decisione della Corte costituzionale sul conflitto di attribuzione eventualmente sollevato dal Governo nei confronti della decisione dell'autorità giudiziaria.
      Il capo III reca le norme per la prevenzione del conflitto di interessi dei titolari delle cariche di governo statali specificate nell'articolo 7, vale a dire Presidente del Consiglio dei ministri e vicepresidenti, ministri e viceministri, sottosegretari di Stato e commissari straordinari del Governo.
      In sintesi, l'articolo 8 prevede, in capo ai titolari delle cariche di governo e ai congiunti, obblighi di dichiarazione funzionali a far emergere le situazioni di conflitto di interessi. Queste sono di due specie fondamentali: a carattere «personale» (derivanti dalla titolarità di cariche o dallo svolgimento di attività) e a carattere patrimoniale (derivanti dal possesso di patrimoni significativi per ammontare o natura).
      Il conflitto di interessi a carattere «personale» è disciplinato dall'articolo 10, che prevede che determinati incarichi, cariche o attività siano incompatibili con la carica di governo. Il conflitto di interessi a carattere patrimoniale è, a sua volta, di due sottospecie particolari, che sono disciplinate dagli articoli 11 e 12.
      Fattispecie in qualche modo residuale è quella individuata dall'articolo 9: si tratta del conflitto di interessi che sussiste in relazione a specifici atti o decisioni che il titolare della carica di governo può prendere ovvero a specifiche deliberazioni cui può partecipare.
      Per la risoluzione dei conflitti di interessi il provvedimento prevede fondamentalmente tre tipi di rimedi: l'opzione tra le posizioni incompatibili, la separazione degli interessi e l'astensione.
      Al fine, dunque, di mettere l'Autorità in condizione di accertare l'eventuale esistenza di conflitti di interessi in capo ai titolari delle predette cariche di governo, questi hanno l'obbligo, ai sensi dell'articolo 8, di dichiarare all'Autorità stessa, entro venti giorni dall'assunzione della carica, gli incarichi ricoperti e le attività svolte in Italia e all'estero, nonché la composizione del proprio patrimonio (con riguardo a diritti reali su beni immobili o su beni mobili iscritti in pubblici registri; titolarità di imprese individuali; quote di partecipazione in società; partecipazioni in associazioni o società di professionisti; strumenti finanziari; reddito soggetto all'imposta sulle persone fisiche; e beni di valore superiore a 50 mila euro destinati alla fruizione propria o dei congiunti).
      I titolari delle predette cariche di governo hanno altresì l'obbligo di dichiarare gli eventuali trust di cui siano disponenti, beneficiari, trustee o guardiani, nonché ogni contratto o accordo comunque stipulato con terzi al fine di assumere, intraprendere o proseguire, dopo la cessazione dell'incarico pubblico, un impiego o un'attività di qualunque natura. Hanno infine l'obbligo di comunicare entro venti giorni tutte le variazioni che intervengano nella situazione inizialmente dichiarata, con riferimento a tutti i suoi elementi.
      Gli stessi obblighi di dichiarazione, salvo quelli relativi agli incarichi ricoperti e alle attività svolte, gravano sui congiunti con riferimento alle rispettive situazioni patrimoniali.
 

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      L'Autorità può, in ogni caso, compiere accertamenti sulla veridicità e completezza di tutte le dichiarazioni, attraverso l'apposito nucleo della Guardia di finanza di cui si è fatto cenno. Può inoltre acquisire d'ufficio tutti gli elementi che reputi utili per conoscere gli interessi economici e patrimoniali dei titolari delle cariche di governo e dei loro congiunti.
      È sancito, infine, il diritto, per tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali per l'elezione della Camera dei deputati, di conoscere le dichiarazioni rese dagli interessati, facendone richiesta scritta all'Autorità.
      Gli articoli 9, 10, 11 e 12 individuano le diverse fattispecie di conflitto di interessi di cui l'Autorità è chiamata ad accertare l'eventuale sussistenza e definiscono le misure per farvi fronte.
      Ai sensi dell'articolo 9, l'Autorità accerta i casi in cui il titolare della carica di governo può, nell'esercizio delle sue funzioni, prendere decisioni, adottare atti o partecipare a deliberazioni che, pur destinati alla generalità o ad intere categorie di soggetti, siano tali da produrre nel suo patrimonio o nel patrimonio dei suoi congiunti un vantaggio economicamente rilevante e differenziato, ancorché non esclusivo, rispetto a quello della generalità dei destinatari del provvedimento; ovvero i casi in cui può prendere decisioni, adottare atti o partecipare a deliberazioni destinate a ristrette categorie di soggetti nelle quali egli stesso rientri e tali da produrre nel suo patrimonio o in quello dei congiunti un vantaggio economicamente rilevante.
L'Autorità informa quindi il titolare della carica di governo del fatto che in tali casi egli ha l'obbligo di astenersi dalla decisione, dall'atto o dal partecipare alla deliberazione in questione. Ne dà inoltre comunicazione ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio dei ministri affinché ne informi il Consiglio dei ministri.
      L'obbligo di astensione resta peraltro un obbligo generale, essendo sancito dall'articolo 1. Il titolare della carica di governo vi soggiace, pertanto, quando ne ricorrano i presupposti, anche in mancanza dell'informativa dell'Autorità. Per cui, qualora in un determinato caso specifico egli dubiti della sussistenza dell'obbligo di astensione o comunque ritenga di poter essere in conflitto di interessi, deve immediatamente investire della questione l'Autorità, la quale dovrà pronunciarsi entro cinque giorni, trascorsi inutilmente i quali l'interessato potrà ritenersi non soggetto all'obbligo di astensione. In pendenza del termine, è tenuto ad astenersi.
      Va precisato, in ogni caso, che l'obbligo di astensione non si applica per gli atti dovuti e che l'astensione non fa venir meno l'applicabilità delle misure previste dall'articolo 12 per la separazione degli interessi, ove ne ricorrano i presupposti.
      Ai sensi dell'articolo 10, l'Autorità accerta se il titolare della carica di governo ricopra cariche o svolga attività o prestazioni incompatibili con la carica di governo stessa in quanto tali da determinare un conflitto di interessi. A tal fine, la proposta di legge individua puntualmente (ai commi 1 e 2) le cariche, attività e prestazioni incompatibili con la carica di governo.
      Nel caso in cui il titolare della carica di governo versi in una situazione di incompatibilità di questo primo tipo, l'Autorità gliene dà comunicazione, invitandolo ad optare, entro trenta giorni, tra la carica di governo e la posizione incompatibile.
      Nel caso di mancato esercizio dell'opzione entro il termine, salve comunque le impugnazioni previste dall'articolo 6, si intende che l'interessato abbia optato per la posizione incompatibile con la carica di governo. In altre parole, la proposta di legge attribuisce un significato giuridico al silenzio del titolare della carica di governo.
      Dell'esistenza di una situazione di incompatibilità e del conseguente invito ad optare, come anche dell'eventuale mancato esercizio dell'opzione entro il termine prescritto, l'Autorità informa, se si tratta del Presidente del Consiglio o di un ministro, il Presidente della Repubblica, i Presidenti delle Camere e il Presidente del Consiglio dei ministri; se si tratta delle altre cariche di cui all'articolo 7, i Presidenti delle
 

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Camere e il Presidente del Consiglio dei ministri. Del mancato esercizio dell'opzione entro il termine prescritto viene informato altresì l'interessato, in quanto da tale mancato esercizio consegue per lui l'effetto giuridico che si è detto.
      In ogni caso, a decorrere dalla data della comunicazione e nelle more dell'esercizio dell'opzione, il titolare della carica di governo è tenuto ad astenersi, nell'esercizio delle sue funzioni, dalle decisioni, dagli atti dalle deliberazioni in conflitto di interessi, ai sensi dell'articolo 9, commi 1 e 2.
      Le incompatibilità generali indicate dai commi 1 e 2 dell'articolo 10 perdurano per i dodici mesi successivi alla cessazione della carica di governo con riferimento ad attività o incarichi in enti e società aventi fine di lucro che operino in settori connessi con la carica ricoperta.
      Va precisato che tra le posizioni incompatibili con la carica di governo c'è l'esercizio di attività imprenditoriali, anche per interposta persona o attraverso società fiduciarie (comma 1, lettera d)). Una disciplina speciale e derogatoria è però dettata sia per il piccolo imprenditore, sia per l'imprenditore individuale. Per il piccolo imprenditore, infatti, è previsto che l'incompatibilità non operi; mentre per l'imprenditore individuale è previsto che non operi qualora questi, d'intesa con l'Autorità, costituisca un trust di diritto comune o nomini uno o più institori, con procura generale a gestire in piena autonomia sino alla cessazione della carica di governo.
      I dipendenti pubblici e privati che assumono una carica di governo sono collocati in aspettativa, senza pregiudizio per la posizione professionale e di carriera.
      Per quanto riguarda le incompatibilità di carattere patrimoniale, l'Autorità accerta, ai sensi dell'articolo 11, se il titolare della carica di governo abbia la proprietà di un patrimonio superiore ai quindici milioni di euro in beni (ad esclusione dei titoli di Stato) la cui natura, tenuto conto delle specifiche funzioni di governo dell'interessato, è tale da determinare un conflitto di interessi, ovvero abbia la proprietà o il controllo di un'impresa che svolge la propria attività in regime di autorizzazione o di concessione rilasciata dallo Stato.
      Va precisato che, se la proprietà o il controllo dell'impresa fanno capo ad un piccolo imprenditore, esse non rilevano ai fini della disciplina del presente articolo.
      Nel caso in cui il titolare della carica di Governo versi in una situazione di incompatibilità di questo tipo, l'Autorità gliene dà comunicazione, invitandolo ad optare, entro trenta giorni, tra il mantenimento della carica di governo o il mantenimento della posizione incompatibile ovvero la scelta per la risoluzione della condizione di incompatibilità. L'invito ad optare è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
      Se il titolare della carica di governo sceglie di eliminare la causa di incompatibilità, concorda con l'Autorità gli adempimenti necessari per conseguire l'obiettivo. In ogni caso, deve provvedere entro sessanta giorni dalla pubblicazione dell'invito ad optare.
      Se invece il titolare della carica di governo omette di optare entro il termine, salve le impugnazioni previste dall'articolo 6, si intende che abbia optato per la posizione incompatibile con la carica di governo, e quindi che abbia rinunziato a quest'ultima. Di ciò si pubblica notizia sulla Gazzetta Ufficiale e, a decorrere da tale momento, gli atti compiuti dal titolare della carica di governo sono nulli e inefficaci, salva ogni sua ulteriore eventuale responsabilità.
      Dell'esistenza di una situazione di incompatibilità e del conseguente invito ad optare, come anche dell'eventuale mancato esercizio dell'opzione entro il termine prescritto, l'Autorità informa, se si tratta del Presidente del Consiglio o di un ministro, il Presidente della Repubblica, i Presidenti delle Camere e il Presidente del Consiglio dei ministri; se si tratta delle altre cariche di cui all'articolo 7, i Presidenti delle Camere ed il Presidente del Consiglio dei ministri. Del mancato esercizio dell'opzione entro il termine prescritto viene informato altresì l'interessato, in quanto ne consegue per lui l'effetto giuridico che si è detto.
 

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      In ogni caso, a decorrere dalla data della comunicazione e nelle more dell'esercizio dell'opzione, il titolare della carica di governo è tenuto ad astenersi, nell'esercizio delle sue funzioni, dalle decisioni, dagli atti e dalle deliberazioni che l'Autorità gli indicherà, ai sensi dell'articolo 9, commi 1 e 2.
      Sempre per quanto riguarda le incompatibilità di carattere patrimoniale, l'Autorità accerta, ai sensi dell'articolo 12, se il titolare della carica di Governo possieda, anche per interposta persona o per il tramite di società fiduciarie, partecipazioni rilevanti - nel senso specificato dalla proposta di legge - nei settori della difesa, dell'energia, del credito, delle opere pubbliche di preminente interesse nazionale, delle comunicazioni di rilevanza nazionale, dei servizi pubblici erogati in concessione o autorizzazione, nonché in imprese operanti nel settore pubblicitario; ovvero se la concentrazione degli interessi patrimoniali e finanziari del titolare della carica di governo nel medesimo settore di mercato, superiore a dieci milioni di euro, sia tale da configurare il rischio evidente di turbative della concorrenza o di condizionamento dell'attività di governo.
      Ai fini dell'accertamento di tali casi di conflitto di interessi, l'Autorità chiede il parere della Commissione nazionale per le società e la borsa, dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e delle competenti autorità di settore. Queste si pronunciano, nel parere, anche sulle misure che ritengono necessarie per superare l'eventuale conflitto di interessi. Qualora ritengano che si debba procedere all'istituzione di un trust cieco, le Autorità si pronunciano altresì sulle misure che il trustee deve assumere per garantire l'effettiva rispondenza del trust istituito ai criteri dell'articolo 14 (che speficica la nozione di trust cieco), nonché ai requisiti di cui all'articolo 15 (che disciplina l'istituto). In ogni caso, all'alienazione dei beni del titolare della carica di governo si procede solo quando questa sia l'unica misura possibile per evitare, nella specifica situazione, il conflitto di interessi.
      Sempre ai fini dell'accertamento dei predetti casi di conflitto di interessi, l'Autorità instaura un breve contraddittorio con l'interessato.
      Qualora, all'esito di tale istruttoria, l'Autorità ritenga sussistente un conflitto di interessi, essa invita il titolare della carica di governo ad optare, entro quindici giorni, tra l'alienazione delle partecipazioni detenute, nella misura necessaria a riportarne la consistenza al di sotto della soglia di rilevanza, e l'istituzione di un trust cieco. In ogni caso, tale trust può avere ad oggetto solo valori mobiliari.
      Se il titolare della carica di Governo opta per l'alienazione, vi provvede d'accordo con l'Autorità, che dovrà tra l'altro precisare i limiti di reinvestimento del ricavato dell'alienazione, al fine di evitare che il conflitto di interessi persista o si riproduca in altra forma. Completate, entro al massimo sette mesi, le operazioni di alienazione, l'Autorità accerta che non sussista più conflitto di interessi e rilascia in questo caso al titolare della carica di governo una dichiarazione in tal senso, eventualmente notificandogli i casi in cui è comunque soggetto all'obbligo di astensione di cui all'articolo 9.
      Se, invece, il titolare della carica di governo opta per l'istituzione di un trust cieco, nei successivi sessanta giorni ne sottopone all'Autorità per l'approvazione l'atto costitutivo. L'Autorità può richiedere che l'atto sia modificato.
      Se, infine, il titolare della carica di governo omette di optare entro il termine prescritto, salve le impugnazioni previste dall'articolo 6, si intende che abbia optato per la disponibilità dei beni il cui possesso è incompatibile con la carica di governo, e dunque che abbia rinunciato a quest'ultima.
      In tal caso, l'Autorità ne informa, se si tratta di Presidente del Consiglio dei ministri o ministro, il Presidente della Repubblica, i Presidenti delle Camere e il Presidente del Consiglio dei ministri; se si tratta delle altre cariche di cui all'articolo 7, i Presidenti delle Camere e il Presidente del Consiglio dei ministri. Ne informa inoltre l'interessato e ne pubblica notizia sulla Gazzetta Ufficiale. A decorrere da tale
 

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momento tutti gli atti compiuti dal titolare della carica di Governo sono nulli e inefficaci, salva ogni sua ulteriore eventuale responsabilità.
      Una disciplina speciale e derogatoria è dettata per l'imprenditore individuale, al quale è consentito, d'intesa con l'Autorità, di costituire un trust di diritto comune o di nominare uno o più institori, con procura generale a gestire in piena autonomia sino alla cessazione della carica di governo.
      L'articolo 13 detta norme per disciplinare la posizione del titolare di carica di governo in conflitto di interessi nel tempo che intercorre tra l'invito dell'Autorità ad optare e l'opzione (o la mancata opzione nel termine), nonché nel tempo che occorre per il completamento delle operazioni finanziarie di alienazione delle partecipazioni o di separazione patrimoniale.
      L'articolo 14 chiarisce che per trust cieco, ai sensi del provvedimento in esame, si intende quel trust nel quale il trustee ha la più ampia discrezionalità in merito alla consistenza qualitativa dei beni in trust, mentre i beneficiari ne possono avere solo una conoscenza quantitativa.
      L'articolo 15 disciplina il trust cieco eventualmente istituito dal titolare della carica di governo per superare il conflitto di interessi di cui all'articolo 12. Ad esso si applica la legge straniera in materia da lui stesso scelta, d'intesa con l'Autorità e nei limiti della Convenzione sulla legge applicabile ai trust e sul loro riconoscimento. Tale previsione è motivata naturalmente dal fatto che l'ordinamento italiano non reca una propria disciplina dell'istituto.
      In ogni caso, la legge straniera prescelta dal titolare della carica di governo deve essere compatibile con l'ordinamento italiano e con il provvedimento in esame; il trust non deve eludere le finalità del provvedimento in esame e deve essere riconosciuto dallo Stato italiano; l'atto istitutivo del trust deve recare alcuni elementi obbligatori, indicati al comma 5.
      Al fine di garantire l'invisibilità (o cecità) della gestione del trustee e la sua serietà ed affidabilità, sono puntualmente individuati requisiti, obblighi e facoltà del trustee. Tra l'altro, è previsto che le comunicazioni tra il titolare della carica di Governo e il trustee debbano avvenire necessariamente per iscritto e con l'autorizzazione e la mediazione dell'Autorità. È espressamente previsto che il trustee risponde con tutti i suoi beni presenti e futuri ai sensi dell'articolo 2740 del codice civile, ferme restando ulteriori ipotesi di responsabilità accertate dall'autorità giudiziaria, e sono stabilite sanzioni specifiche, come la revoca o l'interdizione perpetua dall'attività di trustee ai sensi della presente proposta di legge.
      L'articolo 16 chiarisce che le disposizioni sul trust cieco non si applicano ai beni di fruizione che il titolare della carica di governo è tenuto a dichiarare ai sensi dell'articolo 8, comma 4: si tratta dei beni mobili iscritti in pubblici registri e dei beni immobili di valore superiore a 50 mila euro di cui fruiscono, senza esserne proprietari, il titolare della carica di governo o i congiunti.
      L'articolo 17 reca disposizioni volte a disciplinare sotto il profilo tributario e fiscale le operazioni di dismissione di strumenti finanziari o di conferimento di beni in un trust cieco compiute in attuazione di disposizioni del provvedimento in esame.
      Il capo IV (articoli 18, 19 e 20) reca sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni degli obblighi di dichiarazione e degli obblighi di astensione.
      Il capo V tratta del conflitto di interessi dei titolari di cariche di governo regionali e locali.
      L'articolo 21 delega il Governo a dettare, con propri decreti legislativi, una disciplina idonea a prevenire e sanzionare il conflitto di interessi dei titolari di cariche di governo regionali e locali.
      Per quanto riguarda lo specifico punto delle incompatibilità dei titolari di cariche di governo regionali, l'articolo 22 si limita a stabilire i principi fondamentali, demandando la disciplina di dettaglio alla legislazione regionale, nel rispetto dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione.
 

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      Il capo VI interviene in materia di sostegno privilegiato nel settore delle comunicazioni, delle telecomunicazioni, dell'editoria, anche a mezzo internet.
      L'articolo 23 demanda all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di vigilare sulle campagne elettorali nazionali, regionali e locali.
      L'Autorità verifica che i candidati alle cariche di Presidente del Consiglio, di presidente di regione o di provincia e di sindaco di comuni con più di 15 mila abitanti non ricevano un sostegno privilegiato da imprese operanti nel settore della comunicazione, delle telecomunicazioni e dell'editoria anche a mezzo internet che facciano capo a loro, ai coniugi, ai parenti entro il secondo grado o a persone ad essi soggette ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 287 del 1990 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato).
      L'Autorità verifica inoltre che le imprese operanti nei predetti settori assicurino la par condicio dei candidati alle cariche di governo e si astengano quindi da atti idonei a falsare la campagna elettorale incidendo sul risultato.
      Ove accerti comportamenti in violazione di tali precetti, l'Autorità diffida l'impresa dal persistere e le impone di adottare misure correttive. In caso di inottemperanza, irroga le sanzioni appositamente previste.
      L'Autorità sorveglia l'attività delle imprese in questione anche nel periodo successivo alla campagna elettorale, fino all'applicazione delle disposizioni in materia di trust cieco.
      L'articolo 24 demanda all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di vigilare sull'attività delle imprese operanti nel settore radiotelevisivo nazionale anche al di fuori delle campagne elettorali per verificare che non forniscano un sostegno privilegiato ai titolari di cariche di governo, monitorando la programmazione per accertare eventuali squilibri di informazione a favore di questi ultimi. Nel qual caso dispone la diffusione di rettifiche o adotta altre misure di ripristino dell'equilibrio tra le parti politiche.
      Il capo VII provvede alla copertura finanziaria del provvedimento (articolo 25); individua la giurisdizione competente e la legislazione fiscale da applicarsi (articolo 26); detta disposizioni transitorie e finali (articolo 27); dispone le necessarie abrogazioni (articolo 28) e stabilisce la data di entrata in vigore delle norme (articolo 29).

Luciano VIOLANTE, Relatore.

 

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